Un progetto di Sabina de Tommasi per il Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma

Il progetto si è sviluppato da febbraio a maggio 2010.
Questo blog è stato creato per riportare le varie tappe dei laboratori;
elencare le bibliografie costruite insieme ai partecipanti; mostrare foto e video;
dare modo di ascoltare la lettura dei brani scelti.

Dal 25 luglio al 12 agosto 2010 ha accolto alcune riflessioni e provocazioni sul tema dei teatri di cintura e in generale sul lavoro teatrale e culturale decentrato.
Ora vuole segnalare curiosità, percorsi di lettura, suggestioni, appuntamenti, tracce originali dei nostri viaggi. Mandate i vostri suggerimenti a tracciatidiviaggi@gmail.com

La serata di lettura condivisa di quest'anno al Teatro Biblioteca Quarticciolo si è tenuta il 21 aprile 2011. Titolo STORIE MINIME.



lunedì 8 novembre 2010

Le donne terre-mutate chiamano

7 e 8 maggio 2011
Vediamoci a L'Aquila

U
no sguardo diverso. Lo sguardo delle donne. L'Aquila: tutti l'hanno guardata, ma chi l'ha vista veramente? Il comitato "Donne terre-mutate" lancia un incontro nazionale a L'Aquila per il 7 e l'8 maggio 2011. Per portare le donne di tutta Italia a vedere L'Aquila come è. A sentirne gli odori, a toccare le spaccature e a stringere le mani. Per accompagnarle a visitare la "zona rossa" ancora militarizzata, ad entrare nelle C.A.S.E. dove (non) si vive bene, a camminare nei quartieri vuoti e abbandonati, a passeggiare nel centro dopo le undici di sera (prima che chiudano i cancelli!)
Vogliamo portarvi nei luoghi che la televisione non ha mai fatto vedere.

Un pensiero diverso. Il pensiero delle donne. Dal 6 aprile 2009, a L'Aquila, le donne riflettono, discutono, lavorano e progettano, mettono insieme comptenze e talenti. Sono le donne delle associazioni, dei luoghi di lavoro, della scuola, dell'arte. Sono le donne che ricostruiscono quel che è permesso ricostruire in un modo differente dagli uomini. Vogliamo confrontarci con donne di tutta Italia, con altri talenti e con altre competenze.

Un'altra città. La città delle donne. Le donne a L'Aquila ri-tessono la vita quotidiana frammentata, vedono il tempo bruciarsi nelle distanze fra il centro storico ancora chiuso e i satelliti tutto intorno, il degrado di case libri mobili suppellettili e luoghi d'incontro un tempo agevoli. Ma dal caos nascono anche nuove occasioni che le aquilane vogliono condividere con donne di tutta Italia. Un momento di gioia , una festosa trama di relazioni: semi di ricostruzione e rinascita, da gettare nella terra tutte insieme.

SOPRATTUTTO ABBIAMO UN SOGNO: COSTRUIRE NELLA NUOVA CITTA' UN LUOGO DELLE DONNE

Comitato Promotore "Donne terre-mutate per l'incontro nazionale del 7 e 8 maggio 2011":
Biblioteca delle donne Melusine L'Aquila
Centro Antiviolenza per le Donne L'Aquila
Donne in nero L'Aquila
Leggendaria. Libri Letture Linguaggi

domenica 17 ottobre 2010

una carriola di disegni

taccuino e caschetto, i disegnatori si aggirano per L'Aquila a raccontare la città silenziosa

Questo blog nasce perchè nessuno aveva ancora raccontato L'Aquila e il terremoto con matita e taccuino, girando per le strade e disegnandola dal vero.
L'Idea è semplice in fondo: raccogliere le immagini dei disegnatori che attraversando le strade, le piazze, le nuove periferie di questa città silenziosa, ma non ancora ridotta al silenzio, vogliano raccontare i luoghi comuni e non comuni del terremoto.
Raccontare l'orrore e la volgarità del terremoto, la bellezza forse ancora intatta della città, la voglia di ricostruire e di reagire veramente, gli errori e gli squallori che per ora ha riservato la ricostruzione e mettere su carta che L'Aquila non è proprio quel paradiso in terra di cui parla la gente, quello della "missione compiuta", pieno di case superarredate, scuole, gente felice che ha avuto tutto e chevoletedipiùadesso... ingrati!
Per fare questo abbiamo preso un taccuino, una matita, una scatola di acquerelli e camminare, osservare e "ridurre" tutto alle due dimensioni del foglio di carta.
Chi viene con noi?

vi segnalo questo blog, da leggere piano, con attenzione e poi CONDIVIDERE
Musica dall'Aquila - Musica per l'Aquila è l'articolo che mi ha più colpito. di Angela Maria Russo

‎"l'esser fra noi 'compagni', cioè l'incontrarci per tentare di essere insieme in una stessa storia" (Ernesto de Martino)

grazie ad Alessandro Portelli

giovedì 14 ottobre 2010

UscireDentroEntrareFuori

Primavera Romana 2010
Autoconvocazione cittadina...
Uscire
DentroEntrareFuori

La prima tappa verso gli Stati Generali della Cittadinanza
15, 16 e 17 ottobre 2010 al S. Maria della Pietà - Roma

dedicata a Melo Franchina

La nostra città esige un cambiamento che non può venire dall’alto, da un potere sempre più burocratico, inetto e corrotto, Roma siamo noi che la viviamo, che vorremmo conoscerla sempre meglio, che vorremmo cambiasse, che pensiamo di poter contribuire a trasformarla con la nostra fantasia e il nostro lavoro, sottraendola a chi oggi specula sull’acqua, sulla terra, sulla casa, sulla vita delle persone.

Non vogliamo implorare, né sedurre o sfruttare le paure di nessuno o vendere chissà quale sogno, come va di moda fare oggigiorno. Vorremmo solo invitarvi/ci a condividere esperienze e progetti, pratiche e strumenti, consapevolezza, creatività e competenze, per realizzare un percorso comune sicuramente lungo e impegnativo, ma anche creativo e vitale, per trasformare i nostri mondi isolati in un mondo comune, più umano e vivibile. Siamo animati da una consapevolezza: da soli nessuno di noi ce la può fare, insieme forse si.

E’ solo l’inizio ciò che può diventare dipende da noi tutti, noialtri, noi/voi, gli altri…

clicca qui per consultare il programma di questi primi 3 giorni

“Non si può continuare così. Il vecchio mondo è finito, non ha senso cercare di resuscitare i cadaveri già decomposti, non ha senso affidare la nostra vita ai cadaveri e alle leggi e agli ordini dei cadaveri. (…) Non possiamo non vedere che un nuovo mondo ci occorre, nel quale possiamo svilupparci da uomini veramente vivi, cioè tutti coraggiosamente, attivamente, organicamente fratelli tra noi. (..) E poichè il vecchio mondo è uno strano cadavere, un cadavere che parla troppo, sappiamo che un enorme lavoro attende ciascuno di noi se vogliamo riuscire – con l’attenzione, l’intelligenza e l’impegno necessari – ad essere vivi come ci occorre, a farci il mondo nuovo, che ci è necessario: sappiamo che dobbiamo tornare nei nostri paesi, a produrre ciascuno fatti nuovi, a costruire ciascuno, un sano rapporto con gli altri, il suo pezzo di mondo nuovo. (…) Se noi riusciamo ad essere la vita chi ci può fermare? Quando una vecchia scarpa impedisce al piede di un bambino di crescere, meglio buttarla e fargliene una nuova”
Danilo Dolci, in occasione della marcia della protesta e della speranza. 5/11 marzo 1967 da Partanna a Palermo

martedì 5 ottobre 2010

SAILINA - un progetto etico/equo/creativo

Tracce di viaggi in Montenegro
Tracce di collaborazione tra cooperative
Tracce di lavoro di donne
SAILINA

venerdì 24 settembre 2010

Storie di lavoro - Raccontare il lavoro nei luoghi del lavoro

Dal 25 settembre al 17 ottobre 2010, a Vetralla, Viterbo, Tuscania

L’Accademia della Tuscia (Officina Culturale della Regione Lazio) e l’Associazione Percorsi (Circolo Arci) presentano il progetto Storie di Lavoro, con il sostegno di Regione Lazio, Assessorato Cultura Arte e l’Amministrazione Comunale di Vetralla.
Giunto alla sua terza edizione è un progetto che porta il teatro ma anche la musica e l’arte nei luoghi di lavoro attivi. Fabbriche, frantoi, falegnamerie, la centrale elettrica di Montalto di Castro e quest’anno anche un negozio di parrucchiera sono i luoghi attraversati da questo festival. Non semplici cornici di spettacoli, ma luoghi vivi trasformati dallo sguardo dell’artista e dello spettatore.
Nato da un’idea dell’Associazione Percorsi sotto la direzione artistica di Ferdinando Vaselli e il coordinamento di Manuela Cannone il festival sceglie di parlare del presente. Tutti gli spettacoli infatti hanno come denominatore comune il lavoro.
Altra caratteristica del festival è la fusione dei generi, non spettacoli convenzionali ma performance, passeggiate in luoghi inusuali che si trasformano in concerti, spettacoli che diventano degustazioni, esperienze sensoriali in cui lo spettatore è anche protagonista.

martedì 21 settembre 2010

Verso gli Stati generali della Cittadinanza

giovedì 23 settembre ore 18
1° INCONTRO PUBBLICO
verso gli Stati Generali della Cittadinanza



si invita a partecipare
TUTTA LA CITTADINANZA ATTIVA E RESPONSABILE
presso l’Associazione ex Lavanderia (padiglione 31, piazza S. Maria della Pietà,1) - Roma

PrimaveraRomana vuol contribuire alla realizzazione degli Stati Generali della Cittadinanza proponendo con la Rete Romana di Mutuo Soccorso un percorso di avvicinamento a tappe, della durata di un anno, che attraversando i diversi territori dell’Oltrecittà favorisca la conoscenza del territorio stesso e l’incontro e il confronto tra le tante esperienze di cittadinanza attiva.

Un “dispositivo” che, senza voler indirizzare il merito delle discussioni, consenta l’incontro e lo scambio trasversale tra le diverse reatà territoriali dell’area metropolitana e le diverse aree tematiche attorno a cui articolare il costruirsi di una visione dal basso dell’Oltrecittà Roma.

Ciascun appuntamento cercherà di favorire l’incontro, lo scambio tra singoli cittadini e soggetti collettivi (associazioni, comitati, movimenti…) a tre livelli:
- territoriale, aggregando realtà di natura diversa che si occupano dello stesso territorio
- tematico, aggregando realtà che in diversi territori e da prospettive diverse si occupano delle stesse problematiche (ad esempio: ciclisti, pedoni e pendolari sulla questione della mobilità
- generale, aggregando tutte le diverse realtà di cittadinanza a scala metropolitana, intessendo un dialogo trasversale che sveli le interrelazioni tra problemi apparentemente distanti

Per favorire ciò proponiamo l’articolazione di ciascun appuntamento in tre giornate, una maggiormente dedicata al posto che ospita l’incontro, una al territorio in cui è collocato e la terza ad un tema di interesse generale.
per approfondire il progetto e avere ulteriori informazioni clicca qui

lunedì 20 settembre 2010

Museo della Figurina a Modena


Da non perdere.... pure per chi non ha mai fatto una collezione di figurine!!
(Ma chi sarà????)

Clicca sul logo per avere tutte le informazioni.

domenica 19 settembre 2010

"Questo non è un Piatto": una mostra a Faenza, nel Museo Internazionale delle Ceramiche

"Questo non è un Piatto" è un progetto internazionale per l'educazione ai diritti umani, l'integrazione e la pace attraverso l'arte e la tutela dei patrimoni linguistici e culturali.
Attraverso l’esposizione di 35 piatti in ceramica,la mostra non si pone soltanto come espressione di un sapere materiale e di una tradizione artigianale che da secoli connota la cultura artistica nazionale, ma si fa soprattutto strumento per la salvaguardia del patrimonio culturale di tutte le comunità a rischio di cancellazione linguistico-culturale e per la valorizzazione delle diversità quale patrimonio dei popoli.
A tale scopo ogni piatto riporta al centro la poesia "La mia Lingua è la mia Nazione", trascritta su ogni oggetto in una lingua diversa, tra le quali anche il tibetano, scelto come emblema di tutte le lingue che hanno difficoltà ad esprimersi e a sopravvivere.
35 piatti per 35 lingue con l’esplicito intento di nutrire, rammentare, curare, unire le persone di tutto il mondo.

La mostra è aperta fino al 30 settembre 2010. Clicca sull'immagine per avere ulteriori informazioni.

La Mia Lingua è la mia Nazione
La mia lingua è
non violenta
Antica
Sacra
Felice
Saggia
La mia lingua è
la mia speranza
il mio conforto e
la mia gioia
il nostro giocare
E' il colore della nostra terra.
La mia lingua è la mia storia
E' mia Madre
Figlio e Moglie
E' mio padre, marito, figlia
La mia lingua è la mia cultura e
la mia fede
E' la nostra identità
La mia lingua
è la mia mente.

Nella mia terra occupata
La mia lingua conosce i suoi confini,
montagne, laghi e venti
La mia mente si dedica alla
Preghiera
Fino al mio ultimo respiro
La mia parola sarà Tibetano
OM MANI PADME HUNG
La mia lingua è
la mia nazione.

movinguniverse.org

martedì 17 agosto 2010

104 rue d'Aubervilliers - Paris













Le
104
cent
quatre


Cabina gialla. Sul cartello c'è scritto:

"Scambio di libri

Ogni persona porta un libro (o più) e lo scambia con un libro della cabina gialla.
Le persone che non hanno libri da scambiare possono semplicemente prendere un libro dalla cabina, leggerlo sul divano, sulle sedie, ecc.... e poi restituirlo."

giovedì 12 agosto 2010

il contributo di Veronica Cruciani...

Provo a dare anch’io un contributo alla riflessione, partendo dalla mia esperienza al Teatro Biblioteca Quarticciolo.
Io ho lavorato due anni al T.B.Q, il primo anno sono stata chiamata dal Teatro di Roma, il secondo anno, ho continuato il p...rogetto con la mia compagnia, sostenuta da un contributo della Provincia di Roma/Regione Lazio.
Il nostro obiettivo era quello di coinvolgere gli abitanti del quartiere in un progetto civico che, attraverso la narrazione del quartiere e dei vari territori in cui si è operato, permettesse loro di fare un’esperienza etica e sociale oltre che teatrale.
L'obiettivo è stato raggiunto.
Molti abitanti del territorio sono stati coinvolti direttamente negli spettacoli come attori , molti altri invece sono stati intervistati e quindi ci hanno fornito le storie da cui siamo partiti per scrivere il testo teatrale e molti professionisti, tra cui attori, scrittori, architetti, musicisti, artisti…ecc che si interrogano da anni, in modi diversi, sul tema della “città contemporanea” e delle “periferie ”, sono stati chiamati per partecipare a convegni, incontri con le scuole…ecc.
Grazie a questo lavoro si è creato un patrimonio di relazioni umane molto ampio, gli artisti coinvolti e gli abitanti del territorio hanno espresso molte energie creative e alcune persone hanno visto migliorare la loro situazione di vita.
Penso che sarebbe importante non deludere queste persone, che chiedono e hanno chiesto di continuare a lavorare in questa direzione, e credo che ciò sarà possibile solo realizzando progetti e attivando laboratori di attività “partecipate” che contengano in sé anche una dignità artistica.
Il TBQ dovrebbe essere affidato a delle compagnie teatrali " di giovani" (riconosciute a livello nazionale per professionalità e qualità artistica), che fanno un teatro adatto a quei luoghi, un "teatro popolare", ma di qualità “d’arte”.
La persona incaricata di gestire e organizzare il TBQ dovrebbe pensare ad un progetto in cui queste compagnie, a turno, ogni 5 o 6 mesi risiedano nel teatro e lo animino con spettacoli, laboratori…ecc.

sabato 31 luglio 2010

ancora Stefania Fabri...

Non manca solo un Bartolucci, cioè un uomo interno all'organizzazione teatrale il cui sapere non alimenti solo un narcisimo sfrenato ma sia capace di utilizzarlo per la società in cui vive, manca anche una coscienza diffusa dell'insopportabile e inutile egocentrismo delle principali strutture culturali foraggiate con i soldi pubblici che non sentono più in alcun modo il dovere di quello che una volta con una brutta parola si chiamava 'decentramento'; ma dal momento in cui concetti come periferia e centro sono chiaramente superati, se non si sente la necessità di essere 'connessi' con un tessuto culturale diffuso, ci si condanna semplicemente alla fine.

il contributo di Fiona Sansone...

Sicuramente dovrebbero togliersi le vetrine imbellettate, ricordo che la prima volta che sono entrata all'Argentina avevo 18 anni ed ero al mio primo hanno di università nel 2001, dopo un'iniziale capogiro dato da luci, bellezza, magnificenza ho pensato che quel teatro non mi sarebbe mai appartenuto perché anestetizzato, fatto di abbonamenti soporiferi e soprattutto era/è sordo, sordo alla sperimentazione, sordo alla strada così incastonato in cartelloni privi di fragilità, giovinezza ed entusiasmo.
Caro Sergio credo che il teatro dovrebbe partire dalle merende che la signora Piccotti (Signora che abita a pochi metri dal teatro Quarticciolo) portava in teatro, perché scoperto TBQ scoprì la bellezza della comunità, la bellezza di avere un luogo istiuzionalizzato aperto ad incontrare: la signora Piccotti, i ragazzi dei laboratori teatrali da Costituzione a Città di parole, alle piccola ma intensa comunità di Tracciati di viaggi, le persone hanno bisogno di incontrarsi e di avere la possibilità di crescere.
Molto di quello che ho imparato lo devo ad un incontro durante il servizio civile, con Sabina. Lei ha mediato e fatto incontrare un ibrido semisapiente come me, con tante persone che ritengo ora i miei maestri: Barbara Della Polla, Massimo Talone, Ninni Bruschetta, Veronica Cruciani. E grazie a TBQ ho imparato, imparo che i teatri devono essere gestiti da menti piene di bellezza, e non di cagnolini rabbiosi che poi del teatro non apprezzano nulla. E che bisogna lottare per renderli liberi.
Ho considerato TBQ una casa-una palestra per la mia mente e per la mia anima, poi hanno deciso di far diventare i teatri di cintura dei ripostigli, ma siamo tanti a credere e a vedere le pontenzialità. Quello che mi chiedo e perché chi ha fatto il 68 non aiuti noi nati nell'81 a resistere insieme! Le nuove generazioni hanno bisogno solo di una piccola spinta, non siamo del tutto perduti ma voi che dovreste prenderci per mano almeno per un attimo state rinunciando alla bellezza della vostra giovinezza e noi quasi trentenni ci svegliamo in un mondo censurato.

Vedete noi non abbiamo un Bartolucci...

a TBQ "Città di parole", a cura di Veronica Cruciani

un bell'esempio di buona pratica di lavoro laboratoriale e teatrale, in relazione creativa con il territorio



testo Ferdinando Vaselli e Veronica Cruciani
Compagnia Veronica Cruciani
con la collaborazione alla regia Alessia Berardi
musiche originali Sebastiano Forte
assistente alla regia Fiona Sansone
costumi Barbara Bessi
disegno luci Gianni Staropoli
con Veronica Cruciani, Alessia Berardi, Marianna Arbia, Consuelo Cagnati, Elena Chiattelli, Elisa Di Stefano, Giulia Galloni, Andrea Loreti, Mauro Marchetti, Lucia Mattei, Andrea Panichi, Paolo Quintiliani, Giulia Scatà

Protagoniste assolute dello spettacolo, le testimonianze e le storie raccolte che, oltre a costituire la base del lavoro su cui la regista Veronica Cruciani e i partecipanti al laboratorio hanno creato i testi teatrali dello spettacolo, rappresentano la storia del quartiere in cui le persone vivono e in cui vita reale e sogno si incontrano, talvolta confondendosi. Lo spettacolo è la continuazione di Nozze di Borgata (che ha debuttato lo scorso giugno), come spiega Veronica Cruciani: "lo integra e lo arricchisce perché ne rappresenta la prima parte. Ma mentre Nozze di Borgata parlava delle radici del Quarticciolo, ovvero la sua storia più antica narrata dagli anziani, Città di parole porta sul palcoscenico tematiche contemporanee perchè connesse alle nuove generazioni, come il linguaggio mutuato dalla televisione e da internet, o come la massiccia presenza di rumeni sul territorio, oppure come i pendolari che arrivano da Zagarolo e da Cave". Partendo dalle parole dei protagonisti, pendolari, studenti, professori, abitanti, è stato possibile rintracciare un patrimonio d'informazioni che contenesse la memoria del passato e l'esperienza del presente, offrendo così ai giovani la possibilità di accrescere le proprie conoscenze ed esprimerle creativamente, agli anziani la possibilità di valorizzare le proprie memorie. "In questo spettacolo la realtà è importante, il quartiere, la scuola, gli immigrati, i pendolari -continua la regista Cruciani- attraverso il metodo dell'intervista abbiamo scandagliato quelle realtà che si fa fatica a vedere e raccontare. Abbiamo scoperto luoghi e storie dimenticate, ascoltando il vissuto del territorio: giovani, casalinghe, pensionati, stranieri. Attraverso le narrazioni di chi in questi luoghi ci ha vissuto, abbiamo gettato uno sguardo sul quartiere e sulle periferie, ma soprattutto sulle dinamiche che legano il centro e la periferia, la città e i comuni della provincia di Roma." Sul palcoscenico una vecchia foto in bianco e nero. I protagonisti appaiono come dentro un ricordo lontano, ma ancora vivissimo. Un gruppo di persone immobili pronte per essere immortalate raccontano le vite, le storie e i ricordi.

il contributo di Sergio Martin...

Si sono divaricati i discorsi, credo.
I teatri, quelli di periferia in particolare, evidenziano un grave errore delle sinistra, nel non averli sostenuti ed alimentati. Io li consideravo le nuove 'case del popolo', dei luoghi di riferimento,... dove incontrarsi , scambiarsi opinioni, assistere a delle prove, vedere degli spettacoli, ascoltare della buona musica, leggere un buon libro....
Le persone che hanno fatto IL Teatro, sono tante, ogni grande attore ha normalmente dietro di se un buono e bravo organizzatore, amministratore o altro. Penso a Savoldi, l'amministratore di Franco Parenti o a Franca Rame, senza di lei non esisterebbe Dario Fo. Lo ha alimentato e sostenuto.
Ma cosa dovrebbero essere i teatri di oggi...

venerdì 30 luglio 2010

il contributo di Massimo Talone....

che ringrazio della sua scrittura "di getto" lucida e incisiva

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Una riflessione, uno spunto ... suscitato dalle parole di Sabina.
Avverto che la diatriba sul teatro, gira ancora oggi intorno a due macrovisioni del fenomeno in se.
Una mazziniana, ottocentesca, ancora diffusa e praticata all’interno di Istituzioni, figure nostalgiche, politici, che ancora oggi pensano il teatro come lo strumento della propria rappresentazione, come strumento di potere locale, come salotto per manifestare se stessi nei confronti della comunità locale. E allora, assistiamo a fenomeni in cui - dalla gestione delle sale, alle programmazioni, al rapporto con gli stessi territori (urbani o meno) tutto diventa formale, salottiero, 'mondano', tutto segue un protocollo che divide, allontana e non unisce, secondo tra l’altro un principio che ancora oggi vorrei definire classista e verticale che fa del teatro ‘il luogo dell’evento eccezionale’ e non del normale desiderio di essere.

Un' altra macrovisione che resiste, si rinnova grazie ai flussi del pensiero generazionale, molto diversa di generazione in generazione (le precedenti sono state sicuramente più ideologiche, ma non per questo oggi sono meno incisive), che sviluppa pensiero di ricerca, di socialità, di orazione civile (come alcuni la definiscono), di dubbio e confronto.
Sostanzialmente direi orizzontale, quindi meno formale, meno mondana, meno istituzionale nel senso più arcaico del termine, che malgrado tutto resiste, continua a dare segni di evidente vitalità, genera modelli gestionali e artistici, produce ed evidenzia giovani e nuovi talenti.
Ma malgrado tutto viene resa trasparente dalle procedure istituzionali, dalle leggi regionali, dalle dinamiche di relazione locale nei territori, quindi messa costantemente in angolo talvolta quasi a segnalarne un senso di fastidio.
E’ un modo di fare teatro che non trovi generalmente nei cartelloni dei Teatri comunali, degli stabili, dei circuiti locali e regionali (che invece si auto alimentano attraverso le politiche dello scambio, del baratto, ancora oggi del borderò ‘artificiale’), è quella teatralità che da almeno 60 anni vive di un semplice e necessario concetto e che fa di necessità virtù (non faccio l’elogio della povertà!), quella comunità teatrale, che affonda le radici nelle cantine romane, nei luoghi di sperimentazione torinesi o in quelli milanesi, nella generosità nella militanza di Giuseppe Bartolucci, nei festival di strada, di sperimentazione, di ricerca, di figura, o sulla multimedialità, e che ha dato al teatro italiano degli ultimi 60 anni appunto, le intelligenze e le sensibilità poetiche e le professionalità (dirigenziali, organizzative e maestranze) più capaci e competenti di cui si può avere memoria recente.
Eppure questa macrovisione del teatro (per tagliar corto), dava, sta dando e probabilmente darà fastidio.
Dico questo perché il male del teatro italiano, oggi come già dall’immediato dopo guerra del secolo scorso, non sono solo i costanti ed estenuanti tagli, piuttosto insieme a questo tutte le conseguenze a cascata dovute alle cose che ho segnalato, legate alla prima macrovisione del teatro.

Aggiungerei una domanda da rivolgere a Istituzioni e Amministratori pubblici:
Come sono spesi normalmente i soldi (pochi certo ma importantissimi) dai mandatari messi a gestire i Teatri comunali, i circuiti locali, regionali, le fondazioni ad personam ...
Tutti ruoli insediati per ragioni politiche e non per competenze, curricula, sensibilità artistiche o esperienze svolte. Tutti, tantissimi uomini e donne, funzionari e/o fanteria messi sedute/i su poltrone fondamentali, strategiche, piazzati negli anni dai diversi orientamenti politici di una parte o dell’altra a gestire l’offerta culturale e teatrale del nostro paese. Impuniti che oggi dovrebbero sentirsi a disagio per come è lo scenario che stiamo attraversando e avere una gratitudine immensa verso le comunità che garantiscono (loro malgrado) questi posti di lavoro. Persone che arrivano da altre e lontane esperienze, che del teatro non sanno spesso nulla e nemmeno lo vivono nel loro privato, capaci di sostenere in maniera disciplinata le direttive dello schieramento politico o del partito’ senza discutere (pazzesco dirlo ma stiamo parlando di una capillarità immensa di poltrone e posti di lavoro che si sviluppa fino ai più remoti territori circoscrizionali).

Allora, ripeto la domanda:
Come vengono spese queste risorse pubbliche?
Ora mi domando e provo ad immaginare cosa significa questa organizzazione piramidale e capillare dell’universo del teatro italiano, cosa voglia dire togliere al teatro la sua vocazione naturale, la sua funzione storica e sociale e trasformarlo in una costante e meticolosa azione di strumentalizzazione per mediocri strategie politiche, fino alle meschinità più assolute a cui ancora oggi assistiamo nella provincia italiana.
Questa pochezza che in larga parte è ancora la normalità nei teatri italiani, bene questa è in larga parte il teatro italiano ancora oggi più diffuso, in quella macrovisione del Teatro Salotto. Ne sono nati anche in periferia, di teatri salotti negli ultimi decenni proprio in queste logiche di aprire cattedrali nel deserto senza una visione a lunga gittata ma al più limitata a fine mandato.

Ecco allora che tutto stride, che in Italia non nascono vere scuole di teatro, che non si fa formazione del pubblico, che il teatro e la scuola ancora oggi sono azioni di deportazione dei bambini in luoghi chiassosi, caotici, con spettacoli in falsetto e produzioni malate, ecco ancora perché il teatro continua a rappresentare non la realtà ma una nostalgica visione otttocentesca della realtà, nella maggior parte dei casi.
Talvolta penso forse è meglio che ci sono i tagli perché questo favorisce chi in realtà non ha nulla da perdere, perché nulla gli è comunque concesso.
Però d’altro canto è vero che resistono, che aprono, che assistiamo ancora oggi ad esperienze teatrali, fatte di sacrificio e utopia, di ricerca e dubbio, di competenze e spontaneità. Che sostengono laboratori di formazione, di produzione, percorsi di approfondimento autofinanziato, che riescono ad agganciarsi ad esperienze Europee e trovare sostegno attraverso contributi FSE, piuttosto che bandi di fondazioni bancarie, senza troppo porsi il problema dei rapporti con le Istituzioni e gli Enti locali, perché è ormai diffusa e praticata la consapevolezza della distanza tra la autoreferenzialità dell’amministrazione pubblica e la vita reale e quindi si va a cercare altrove direttamente.
Ecco questi modi di pratica ancora oggi diffusissima di Teatro clientelare, non vanno mai dimenticati, anzi vanno evidenziati e costantemente denunciati pubblicamente ...

Proprio perché queste modalità fanno parte ormai dei mali del teatro italiano, se affrontiamo qualsiasi discussione, riflessione, azione dialettica non tenendo conto di queste faccende, non aiutiamo il teatro, non svisceriamo i problemi di cui parla Sabina, sui quali mette l’accento, ma che sono diffusi, praticati, in ogni parte del nostro teatro e del nostro programmare (o non programmare) offerta culturale, di cui c’è traccia evidente nel pezzo di Carlo Infante del 1996, 14 anni fa, ...
allora forse le parole fondamentali sono ancora oggi programmazione, pratica diffusa, relazione, conoscenza, rispetto del pubblico ... e non politica, strategia, rincorsa, numeri ...

Carlo Infante su Giuseppe Bartolucci (1996)

Il nomadismo culturale di Giuseppe Bartolucci, maestro di critica militante.

E' con la scomparsa di una persona, e ancor di più con quella di un maestro, che emerge drasticamente il senso di vuoto creato dalla sua assenza. Non è retorica emozionale. O perlomeno non vuole esserlo.

Il fatto è che la morte di Giuseppe Bartolucci , e ancor prima il suo ictus, è giunta come a suggellare in modo irreversibile la fine di un'era, quella dell'avanguardia teatrale.

Quell'area di ricerca che in Italia, più che in altri Paesi, raggiunse livelli altissimi di complessità . Un gioco spesso estremo e spregiudicato che in quei tempi, tra gli anni Settanta e gli Ottanta, vide una straordinaria quantità e qualità di forze in campo. Una condizione impossibile oggi se non su altri piani, molto meno ideologici, non più definibili quindi in quanto "avanguardia".

In quel contesto vi si rispecchiò la conflittualità e ancor di più l'antagonismo di cui era pervasa la società italiana, liberando però energie che proprio grazie a ciò fecero del teatro più di un 'arte : un atto di sfida, un comportamento diffuso , un linguaggio collettivo, un modello immaginario, un contagio.

Giuseppe Bartolucci di quel mondo fu non solo un critico di riferimento ma un terminale di sensibilità, il fulcro di un pensiero e di un'operatività che fa venire in mente le figure di Marinetti per il Futurismo e di Breton per il Surrealismo, come ha suggerito Lorenzo Mango.

Non è esagerazione. Siamo con Mango nel riconoscere a Bartolucci la capacità di dare un senso ancora più pregnante alla funzione del "critico militante", una qualità che va ben oltre la pratica analitico-giornalistica. Si tratta di quella funzione proiettiva in grado di contestualizzare un atto teatrale in una tendenza evolutiva , valorizzando più l'intuizione , l'idea germinale, che la risoluzione formale. Una proiezione capace di colmare con uno sguardo strategico le mancanze, contribuendo così a dare valore sostanziale a quell'arte dello spettatore che fa del teatro un evento di "percezione condivisa".

Un'attitudine che tende a superare il principio stesso del punto di vista per dare vita a qualcosa che potremmo definire, giocando con le parole, "punto di vita". Qualcosa che procede attraverso la forte adesione personale ad un evento esistenziale qual'è il teatro nell'arco di uno spazio-tempo condiviso realmente.

E' grazie al valore di questo scambio che la "postavanguardia" si è fatta, più che tendenza teatrale, movimento a tutti gli effetti, contribuendo alla formazione di una generazione di spettatori affinati alla ricerca di nuove forme espressive in grado d'interpretare la contemporaneità. Bartolucci creò le opportunità (rassegne, convegni, workshop) in cui si è sviluppato questo patto di sensibilità tra autori e spettatori, creando così un alveo fertile , un ecosistema, per esperienze che con la loro "invisibilità" , la loro incompiutezza formale , difficilmente sarebbero sopravvisute nel mercato teatrale. A differenza di oggi, in cui i cosiddetti "teatri invisibili" non trovano attenzioni se non paternalistiche, allora, in città come Roma e come Napoli in particolare, i giovani gruppi riuscivano ad entrare in quelle "zone autonome" partecipando ad un clima di scambio intellettuale, di confronto, che si sarebbe tradotto in progettualità teatrale.

Era la fine degli anni Settanta e la componente più creativa di una generazione alla deriva postideologica di quegli anni di piombo trovò in quelle performances metropolitane un'occasione importante per sopravvivere al presente, per riattivare delle valenze ideali destinate al riflusso.

Ad alcuni questo punto di vista parrà parziale, condizionato da un'emotività soggettiva, la mia (basti sapere che allora ero il critico teatrale di Lotta Continua), tesa ad evocare solo alcuni aspetti particolari. Ma non è solo questo.

Lo stesso ruolo di Bartolucci è comprensibile alla luce di quella situazione: in quella sua capacità di agitatore intellettuale , capace quindi di entrare in relazione con una generazione di autori e spettatori a nervi scoperti, furiosi e delusi. Il suo pensiero teatrale di rabdomante, grande nomade culturale qual'era, appare oggi come un presagio: andare oltre l'avanguardia per fare anche del "nuovo" una tradizione.

il commento di Caterina Casini...

Ricordo Beppe Bartolucci, come sapeva mettere in evidenza i nostri gesti le nostre parole , e gli dava un valore di cui noi eravamo del tutto inconsapevoli.

le parole di Andrea Camilleri...



"...il teatro è il pronto soccorso della nostra coscienza, della nostra anima, della nostra voglia di sapere..."

ancora io (Sabina de Tommasi)...

L'intervento di Silvio Bastiancich sollecita il ricordo - a mio avviso - della figura di Giuseppe Bartolucci: un maestro per tanti di noi.
La sua visione - lucida e provocatoria - di un teatro sempre strettamente collegato con il contesto urbano, socio-culturale; un teatro che crea un tessuto di relazioni; un teatro espresso dalla Pubblica Amministrazione con le modalità del servizio, al pari dei trasporti e della raccolta dell'immondizia; un teatro aperto ai linguaggi della contemporaneità, ma anche alla sperimentazione di approcci differenziati (scuola, bambini, anziani, gruppi organizzati).
Sicuramente questa è stata la mia formazione. E questo è stato (ovviamente tenendo conto dei decenni passati) il tentativo romano dei teatri di cintura, orgogliosamente finanziati e gestiti dalla P.A.
Arrivando al Quarticciolo avevo ben presente l'esperienza dei centri 7 , 8 ecc. promossi proprio da Bartolucci con il Teatro di Roma alla fine degli anni settanta.
Mi ha emozionato che quella esperienza fosse ancora viva nella memoria di alcune persone che hanno partecipato nel dicembre 2007 (proprio pochi giorni prima dell'apertura di TBQ) ad una riunione della commissione cultura del VII municipio. In particolare l'intervento di Remo dell'Associazione Antropos.
Non credo che si possa continuare in eterno a disattendere le aspettative di tutti quelli che sono stati coinvolti in queste esperienze, e che in questi luoghi - restituiti ad una cittadinanza attiva - hanno costruito un nuova rete di relazioni, di scambi, di emozioni.

il contributo di Silvio Bastiancich...

Condivido la riflessione di Stefania e aggiungo:

Il DRAMATURG

Gli echi dei primi fermenti del movimento del '68, accompagnati dalle prime espressioni significative del teatro sperimentale, avevano trovato un segno compiuto nel cosiddetto Mani...festo di Ivrea; si denunciava lo stato di degrado del teatro italiano dal punto di vista politico, organizzativo e soprattutto dei linguaggi. Gli artisti cercavano nuovi modelli di creazione culturale. L'effetto concreto di questa ricerca sfocerà nell'intervento diretto nel corpo vivo della società: un laboratorio permanente punto d'incontro della collettività - un teatro senza pareti - nel quale doveva essere eliminato qualsiasi diaframma tra palcoscenico e platea.
La forma della autogestione, attraverso la creazione di cooperative culturali, si rivelerà lo strumento attraverso cui gli attori assumeranno il controllo totale del proprio lavoro: parità di diritti e di doveri, partecipazione di tutti alle scelte artistiche, culturali, economiche e organizzative e alla loro realizzazione.
Un'esperienza che ha dato agli artisti di quella generazione l'opportunità di sperimentarne una nuova 'scrittura scenica unitaria' nella quale i vari elementi che contribuivano alla sua attuazione (scrittura drammaturgica, regia, interpretazione, scenografia, musica, luci, spazio scenico e architettura) si ricomponevano in un unico insieme. Un progetto che prevedeva il 'teatro come servizio pubblico' capace di modificare il processo di promozione, distribuzione e diffusione del prodotto teatrale anche attraverso una radicale riforma delle strutture organizzative.
Anche da questa esperienza nasce la professione del dramaturg. Dramaturg è l'arte del mettere in relazione i luoghi, i territori, le persone più diverse. Una professionalità basata sulla visione di una drammaturgia espansa che, a partire da una riflessione più strettamente legata alla messa in scena, si amplierà fino a introdursi in maniera virale in altri territori apparentemente e non direttamente collegabili all’area di azione della drammaturgia stessa dove il dramaturg si materializzerà in un altrove cangiante. Un pensiero e una pratica dove interverranno anche scrittori, progettisti, traduttori, urbanisti, musicisti, curatori, cineasti, disegnatori di fumetti, programmatori fino ad arrivare a figure professionali che si occupano dell’amministrazione della città. Arte del network e del collettivo dove grande importanza sarà data alla necessità continua di creare spazi del pensiero, spazi fisici, spazi della rete. Dove ogni luogo, qualunque luogo, è importante e ricco di possibilità. Conseguentemente ogni persona è unica e irriproducibile. In una quotidianità che fa dell’arte dell’ascolto una pratica indispensabile.

il contributo di Stefania Fabri....

La riflessione di Sabina mi trova ovviamente in sintonia e vorrei aggiungere soltanto una notazione che può sembrare più tecnica ma che non è solo tecnica. I teatri di cintura hanno bisogno secondo me non soltanto di un'ottima gestione e de...ll'impegno del personale che vi lavora ma hanno necessità soprattutto di una figura precisa di "mediatore culturale", una figura cioè in grado di interagire con l'utenza dei teatri che non è solo 'pubblico' vale a dire 'spettatore', ma anche gruppi del territorio, scuole ecc. e al tempo stesso con la produzione teatrale contemporanea, con le esperienze significative e coinvolgenti che qualificano la contemporaneità. Sabina ha svolto benissimo per il Quarticciolo questo ruolo che ora manca clamorosamente. Maddalena Fallucchi, che purtroppo ci ha lasciato, lo ha svolto per Tor Bella Monaca. Entrambe con professionalità, passione e garbo.

domenica 25 luglio 2010

Teatri che aprono, teatri che chiudono... Tutti quelli che ci lavorano dentro e accanto....... e poi penso alla Nunzi...

Leggo della prossima apertura di due nuovi teatri di cintura nella capitale. Già iniziano le polemiche. Immediamente rilanciate dai giornali.
Penso a tutti quelli che nei teatri ci lavorano. Quotidianamente e sommessamente. A quelli che li tengono aperti, malgrado tutto. A quelli che li progettano; ma anche a quelli che li tengono puliti e accoglienti; a quelli che li programmano e si fanno venire belle idee; a quelli che ascoltano il pubblico; insomma a quelli che li amano e se ne prendono cura.
Un teatro - ogni teatro - ma in particolare quelli di periferia, per prima cosa crea aspettative, solletica la curiosità, rimette in pista la voglia di uscire di casa, stare con gli altri, a parlare, a ragionare (una cosa già di per sé grandiosa e rivoluzionaria!!)
Se un teatro si apre, poi non si può chiudere, o lasciar morire lentamente nell'incuria e nel disinteresse.

Per tutto il pubblico che in questi anni è uscito di casa per andare nei teatri di cintura, per ascoltare storie, per condividere emozioni... beh! spero che i teatri di cintura diventino 10 e 20, ma tutti APERTI, FUNZIONANTI, ACCOGLIENTI. Luoghi aperti a tutti, da CONDIVIDERE con tutti.

Mentre scrivo mi viene in mente la Nunzi, il suo ardore e rigore. Il suo darsi senza riserve. E' stato un grande privilegio per me lavorare con lei.
E penso che di teatro qualche volta ci si ammala, e qualche volta si muore. E' successo, succede, succederà. Le preoccupazioni, le incazzature, i trabocchetti, le speranze rincagnate in un angolo qualche volta sono troppo dure da sopportare.
Nella sua biografia e nel suo modo di lavorare c'è tanto di quello che ci aspettiamo dal teatro.

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Per chi non avesse conosciuto la Nunzi, o per chi avesse voglia di ricordarla, copio qui sotto le parole che su di lei ha scritto Gianfranco Capitta su Il Manifesto del 16 giugno 1998:
La Nunzi se n’è andata. Il suo nome era Maria Annunziata Gioseffi, ma tutti, a cominciare da lei stessa, usavano chiamarla la Nunzi. A 52 anni, è stata consumata da una malattia terribile che in poco più di un anno l’ha stroncata, anche se lei aveva reagito al male con durezza assoluta, lavorando in modo accanito fino a poche settimane fa.
Al pubblico questo nome non dirà forse molto, ma la Nunzi è una figura non secondaria del teatro italiano; in particolare negli ultimi quindici anni, in cui era assistente di Luca Ronconi. Per lavorare con lui, per la sua idea di teatro, aveva lasciato la sua Firenze, le sue amicizie, i suoi rapporti, e trascurato perfino la sua bellezza altera. L’aveva seguito prima a Torino e poi a Roma, del cui teatro pubblico aveva assunto infatti tutte le deleghe tecniche e organizzative.
Aveva un polso d’acciao la Nunzi, ma sapeva essere, quando voleva, anche dolcissima e spiritosa. Era capace di interessarsi ad aspetti quasi ininfluenti, anche se per la sua attività era abituata a lavorare ai massimi livelli, con istituzioni teatrali e operistiche di mezza Europa. Lei non aveva mai perso la concretezza e lo spirito mordace dei quartieri fiorentini, dove lei, nata a Modena praticamente per caso, era cresciuta. E in quella città, se non avesse avuto il tarlo del teatro, avrebbe fatto sicuramente carriera in società.
Aveva lavorato al Teatro regionale toscano quando questo ancora era un ente di rilevanza internazionale, e poi proprio per suo conto aveva seguito e curato (una impresa per nulla facile) l’esperienza fiorentina di Tadeusz Kantor. L’incontro con Ronconi sulla scena di uno Schnitzler realizzato a Prato, avrebbe cambiato definitivamente la sua vita. Una mutazione totale e totalitaria, in nome e alla luce di un progetto che, amava ripetere, la affrancava dalla mediocrità di molta parte del teatro pubblico in Italia (meglio di quanti direttori attuali avrebbe potuto dirigerne!!). Anche se poi non si tirava indietro, deponendo momentaneamente puntiglio e testardaggine, davanti alle inevitabili e necessarie mediazioni. E le miserie dell’evoluzione del PCI erano un altro suo irrestistibile racconto.
Grande manager e dotata di un gusto sicuro, un naso che non sbagliava quasi mai, era la Nunzi a rendere possibile il lavoro di Ronconi, creandogli e difendendogli in questi ultimi anni la serenità necessaria per creare. Lo schermava dalla burocrazia e dalla politica, dai postulanti e dall’invadenza. Perché in quelle creazioni si riconosceva e viveva anche lei, in prima persona. Mancherà a molte persone la Nunzi, burbera e spiritosa, modesta e discreta, ma esigentissima e rigorosa con sé come con gli altri.

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l'ultima lacrima per Maddalena Fallucchi. il Teatro Tor Bella Monaca e tutto il suo pubblico hanno una marcia in più grazie al suo impegno e al suo entusiasmo. non dimentichiamolo!

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il commento di Valeria Orani...

grazie per averci ricordato la Nunzi, e grazie per la tua nota. In questo periodo non bello per la cultura e per il teatro in particolar modo, fa bene ricordare che non siamo soli nelle nostre lotte. Sono sempre più convinta che la nostra professionalità è legata alla passione per questo lavoro, e che tale passione passa per la gioia di creare l'agio per gli artisti che lavorano con noi e per il pubblico che fruisce il loro lavoro. noi siamo quelli che operano oltre il "dietro le quinte" siamo quelli che hanno scelto di essere invisibili e che riscuotono il loro successo quando non si sente la loro mancanza.

mercoledì 21 luglio 2010

in attesa di una risposta.......

Jova&Friends hanno scritto a Bondi: "Usare subito il milione di Domani"

Domani 21 Aprile 2009 Artisti uniti per l'Abruzzo

Tra le nuvole e i sassi/ passano i sogni di tutti
passa il sole ogni giorno/ senza mai tardare.
Dove sarò domani?
Dove sarò?
Tra le nuvole e il mare/ c'è una stazione di posta
uno straccio di stella messa lì a consolare
sul sentiero infinito
del maestrale
Day by day/ Day by day
hold me/ shine on me.
shine on me
Day by day save me shine on me
Ma domani, domani,/ domani, lo so
Lo so che si passa il confine,
E di nuovo la vita
sembra fatta per te
e comincia
domani
domani è già qui

rap 1 Estraggo un foglio nella risma nascosto
scrivo e non riesco forse perché il sisma m?ha scosso

rap 2 Ogni vita che salvi, ogni pietra che poggi, fa pensare a domani ma puoi farlo solo oggi

e la vita la vita si fa grande così
e comincia domani
Tra le nuvole e il mare si può fare e rifare
con un pò di fortuna
si può dimenticare.
Dove sarò
domani? Dove sarò?

rap 3 Dove sarò domani che ne sarà dei miei sogni infranti, dei miei piani/ Dove sarò domani, tendimi le mani, tendimi le mani

Tra le nuvole e il mare
si può andare e andare
sulla scia delle navi
di là del temporale
e qualche volta si vede
domani
una luce di prua
e qualcuno grida: Domani

rap 4 Come l'Aquila che vola
libera tra il cielo e i sassi siamo sempre diversi e siamo sempre gli stessi
hai fatto il massimo e il massimo non è bastato e non sapevi piangere e adesso
che hai imparato non bastano le lacrime ad impastare il calcestruzzo
eccoci qua cittadini d'Abruzzo
e aumentano d'intensità le lampadine una frazione di
secondo prima della finee la tua mamma,
la tua patria da ricostruire,
comu le scole, le case e specialmente lu core
e puru nu postu cu facimu l'amore

non siamo così soli
a fare castelli in aria
non siamo così soli
sulla stessa barca
non siamo così soli
a fare castelli in aria
non siamo così soli
a stare bene in Italia
sulla stessa barca
a immaginare un nuovo giorno in Italia.
Tra le nuvole e il mare si può andare, andare
Sulla scia delle navi di là dal temporale
Qualche volta si vede una luce di prua e qualcuno grida, domani
Non siamo così soli

Domani è già qui
Domani è già qui

Ma domani domani, domani lo so, lo so, che si passa il confine
E di nuovo la vita sembra fatta per te e comincia domani
Tra le nuvole e il mare, si può fare e rifare
Con un pò di fortuna si può dimenticare
E di nuovo la vita, sembra fatta per te
E comincia
domani
E domani domani, domani lo so
Lo so che si passa il confine
E di nuovo la vita sembra fatta per te
E comincia domani
Domani è già qui, domani è già qui

venerdì 9 luglio 2010

Le librerie indipendenti/intraprendenti del Lazio


Estate. Per molti periodo di viaggi, tragitti, percorsi, scoperte, riflessioni, letture....
rilanciamo l'ampia bibliografia PAROLE DA VIAGGIO realizzata in occasione della lettura condivisa del 23 aprile scorso a TBQ.
Se abiti nel Lazio e sei interessato all'acquisto di uno o più titoli ti consigliamo di farlo in una libreria intraprendente. Le trovi censite sul sito LILIBRI.IT




immagine Tiziana Piccone

mercoledì 7 luglio 2010

Walter Benjamin, la sua valigia, 2 viaggi

Walter Benjamin, filosofo, scrittore e critico letterario tedesco. Nato a Charlottenburg il 15 luglio 1892, morto a Portbou il 26 settembre 1940.
Il 21 luglio 1915, a Berlino, avviene il primo incontro con Gershom Scholem, col quale stringerà una profonda amicizia e un saldo legame intellettuale. Scholem, che abbandonerà poco dopo gli studi di matematica e filosofia per dedicarsi allo studio della mistica ebraica, favorirà l'avvicinamento di Benjamin agli studi sull'ebraismo e un'analisi approfondita del rapporto tra l'ebraismo e la filosofia.
Il 27 giugno del 1919 si laurea summa cum laude in filosofia discutendo una tesi su Il concetto di critica nel primo romanticismo tedesco.
Gli anni dal 1920 al 1927 sono anni di grande impegno intellettuale; conosce Ernst Bloch, Franz Rosenzweig, Theodor W. Adorno, Erich Fromm. Nel 1924 aveva conosciuto Asja Lacis, una regista rivoluzionaria lettone con la quale inizierà un rapporto intellettuale e sentimentale che sarà determinante per la sua decisa svolta in senso marxista e comunista.
Nel 1928 stringe un'altra importante amicizia anch'essa determinante per la sua ulteriore evoluzione intellettuale: incontra e si lega a Bertolt Brecht. A partire dagli anni trenta si avvicina all'Istituto per la ricerca sociale diretto da Max Horkheimer, con il quale i rapporti si faranno più intensi a partire dal 1934-1935.
Ormai stabilitosi a Parigi, nel settembre del 1939, allo scoppio della guerra, viene internato in un campo di lavori forzati in quanto cittadino tedesco.
Il 14 giugno del 1940 Parigi è occupata dai tedeschi. Benjamin fugge verso la Spagna nel tentativo di varcare il confine per raggiungere una località di mare e imbarcarsi verso gli USA dove già si erano rifugiati i suoi amici dell'Istituto per la ricerca sociale, tra cui Theodor W. Adorno.
Nella notte del 25 settembre del 1940, presso la località di Port Bou nella Catalogna spagnola, nel tentativo di sfuggire alla probabile cattura da parte della polizia di frontiera spagnola e alla conseguente espulsione dalla Spagna verso il territorio francese, ormai saldamente nelle mani dell'esercito nazista, Benjamin decide di togliersi la vita ingerendo della morfina. Aveva con sé una valigia nera che custodiva gelosamente, in cui erano contenuti probabilmente dei manoscritti o delle pagine incompiute. Il giorno dopo ai suoi compagni di viaggio sarebbe stato permesso di proseguire per la loro destinazione. Altri suoi amici provvidero alla sua tumulazione nel cimitero di Port-Bou, pagando il fitto del loculo per soli cinque anni. Dopo tale periodo non si sa dove possa essere finito il suo corpo, né la sua valigia nera fu mai più ritrovata. Oggi a Portbou esiste un memoriale che ricorda la figura di Walter Benjamin.

THE BENJAMIN BRIEFCASE PROJECT

Un progetto on site/on line/on air per ricordare Walter Benjamin, a 70 
anni dalla sua morte, e tutti quelli che, come lui, hanno attraversato e attraversano i confini nazionali da clandestini.
Il progetto ha due dimensioni:
Riscoprire il sentiero usato da Benjamin e da centinaia di clandestini per scappare dalla Francia, riscoprirne la storia e il territorio in cui è immerso.
Ricordare Benjamin attraverso un’installazione invisibile: una valigia nella terra e un blog nella rete.
Il 3 luglio 2010 un gruppo di ricercatori, videomaker, musicisti,
 architetti, fotografi, registi, amici, si sono messi in cammino per 
ripercorrere la route Lister (già utilizzata dai Repubblicani spagnoli in fuga dal Franchismo), il sentiero che Benjamin usò per passare clandestinamente 
in Spagna e proseguire per gli Stati Uniti, per i quali Theodor Adorno 
gli aveva procurato un visto. Seguendo la descrizione del sentiero 
fatta da Luisa Fittko, la donna che aiutò il filosofo a passare il 
confine, hanno ricostruito – camminandolo – il percorso seguito da 
Benjamin durante la fuga. Nella notte tra il 3 e il 4 luglio si sono accampati ai piedi dei Pirenei, cercando lo stesso punto dove Benjamin passò la 
notte tra il 24 e il 25 settembre 1940.
Lassù Francesco Guerri, violoncellista, ha suonato per Benjamin e in quel punto hanno sotterrato 
una vecchia valigia di pelle, simile a quella che
 Benjamin portava con sé quella notte, per trasformare quel luogo in 
una “zona sensibile”, un luogo per ricordare il filosofo tedesco e tutti quelli
 che da lì passarono, in fuga dal nazismo.

lunedì 5 luglio 2010

una segnalazione di lettura per questa stravagante estate piena di colpi di scena e cambiamenti repentini (di tempo sì, ma anche di equilibri interni e internazionali ...)
***************
di Andrea Bocconi " Di buon passo" edizioni Guanda.
una lunga camminata tra Umbria e Toscana, sulle orme di San Francesco, compiuta e scritta come un diario dallo stesso personaggio/autore. Un modo silenzioso di guardarsi dentro ...

lunedì 21 giugno 2010

Workshop - Immagini da Viaggio -

un ... 'mi ricordo' di Elio

Città Appia Tuscolana. Ultima delle camminate nelle 7 Città della Primavera Romana 2010













Ho partecipato ieri (in maniera discontinua e rocambolesca e malgrado il tempo incerto e a tratti veramente piovoso) all'itinerario proposto da Oltrecittà-Primavera Romana 2010, fra la Porta San Giovanni e la Villa dei Quintili, passando per la Villa Capo di Bove.
ho scattato qualche foto

Grazie al prof. Giovanni Azzena che ci ha spiegato il senso dell’asylum, il lustrare e il mundus.
Il professore insegna Topografia Antica presso la Facoltà di Architettura di Alghero. Prova a farlo in base a una certa etica professionale, rischiando del tutto involontariamente di contraddire i Ministri e i media. Pazienza.

Leggi "Verso gli stati generali della cittadinanza. Un Manifesto della Rete Romana del Mutuo Soccorso verso gli Stati Generali della Cittadinanza."

giovedì 17 giugno 2010

Magari le cose cambiano














a proposito di viaggi e percorsi....
segnaliamo l'appuntamento a Ponte di Nona
organizzato da ZaLab, OFF!CINE e Primavera Romana
Venerdì 18 giugno dalle ore 19.00 alle 23.00 a Ponte di Nona
Per conoscere il quartiere camminando e per partecipare alla prima proiezione del documentario Magari le cose cambiano nei luoghi dove è stato girato.
Appuntamento alle 19.00 in via Aldo Capitini (villaggio Falcone) angolo con via Alberto Luthuli

Magari le cose cambiano…
magari proprio qui a Ponte di Nona…
magari a partire dal campo di via Aldo Capitini, che gli abitanti stanno trasformando in giardino pubblico.
Partiamo proprio da qui alle 19 con una camminata per meravigliarsi e indignarsi… scoprire e inventare… il mondo di Ponte di Nona.
Tornati a Via Aldo Capitini alle 21 cena insieme agli abitanti del quartiere
e alle 21.30 Magari le cose cambiano
proiezione pubblica e gratuita del film di Andrea Segre, prodotto da ZaLab e OFF!CINE
(vincitore del Premio UCCA al 27° TorinoFilmFestival), che grazie alla partecipazione degli abitanti del quartiere racconta la dignità di chi vive nelle cosiddette “nuove centralità”, moderne periferie costruite facendo attenzione molto di più ai guadagni e alle speculazioni delle élite immobiliari che non alla qualità della vita di migliaia di persone, italiani o stranieri che siano.
Saranno presenti l’autore e i protagonisti del film, Neda, Sara, Cristina, Luca, Gabriele e molti altri…
per raggiungere Ponte di Nona
guarda il trailer del film

a colloquio con Afro

mercoledì 16 giugno 2010

immagini per Dino Campana



O poesia poesia poesia

O poesia poesia poesia
Sorgi, sorgi, sorgi
Su dalla febbre elettrica del selciato notturno.
Sfrenati dalle elastiche silhouttes equivoche
Guizza nello scatto e nell'urlo improvviso
Sopra l'anonima fucileria monotona
Delle voci instancabili come i flutti
Stride la troia perversa al quadrivio
Poiché l'elegantone le rubò il cagnolino
Saltella una cocotte cavalletta
Da un marciapiede a un altro tutta verde
E scortica le mie midolla il raschio ferrigno del tram
Silenzio - un gesto fulmineo
Ha generato una pioggia di stelle
Da un fianco che piega e rovina sotto il colpo prestigioso
In un mantello di sangue vellutato occhieggiante
Silenzio ancora. Commenta secco
E sordo un revolver che annuncia
E chiude un altro destino
Dino Campana

Intermezzo con immagini di Patrizia

venerdì 11 giugno 2010

certe sere torneresti a casa a piedi



Alla mia nazione

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.
Pier Paolo Pasolini

martedì 8 giugno 2010

sabato 5 giugno 2010

martedì 1 giugno 2010

a lato tram 14, di Patrizia Chiatti

percorso del 14 da largo Telese a piazza Maggiore

domenica 30 maggio 2010

Ci si sposta, si parte e si ritorna e...

nell’incontro c’è chi nota uguaglianze e chi vede diversità, chi particolarità, c’è chi è distratto, chi è attento, chi è arrabbiato, chi è sorridente, chi è indifferente, chi non vuole vedere. C’è chi si sente lontano, chi si sente vicino. Occhi grandi, piccoli, furbi. Odore di smog, di primavera, di piatti caldi appena cucinati, di aliti pesanti, di sudore, di profumi, barboni pregni, sfiati da grate su cui si cammina, gli umori della città o quelli del mare o quelli della campagna… Contatti da tram, fastidiosi, morbidi come divani su cui accomodarsi, insinuanti. Ritmi di lingue sconosciute, musica che esce dalle auricolari, frenate stridule, i banchetti dei cd di musica peruviana coi suoi pifferi diffusi come mcdonald.
Ci si sposta d’abitudine cieca, quando i tempi lenti non passano mai, quando si è già con la mente arrivati e si vorrebbe essere altrove. Si viaggia vedendo e ascoltando, si vive restituendo con corpo e parola ciò che si è osservato e che ci cambia nel qui e ora. Grazie per avermi fatto partecipare a questo cantiere d’espressione, a questo laboratorio libero che ha acuito i sensi e mi ha fatto guardare intorno nei luoghi dove vivo… allenarci a osservare è renderci consapevoli, quelle immagini sono solo ciò resta, quello che non si racconta siamo noi.
Patrizia Chiatti (partecipante al laboratorio 'Immagini da viaggio')

Lentamente muore che non viaggia:

progettare, costruire, seguire un binario, con un filo di paura sotto i fili paralleli del tram; partire, tornare, affrancarsi... le strade percorse sul tram ogni giorno non sono mai le stesse per nessuno: continuamente cambiano i nostri occhi con l'umore e con gli accadimenti, e il quartiere stesso si modifica allo sguardo, per chi passa, per chi ne fa parte, per chi arriva per la prima volta, per chi lo lascia, per chi ritorna... Seguiamo le curve del tram e cogliamo ciò che ci riservano le svolte, perché un bisogno indispensabile è quello di vivere.
Mara D'Aquila

lunedì 24 maggio 2010

scrivono di noi...

info.roma
L'unico
Nuovo Paese Sera
Il Foyer
Teatroteatro
Iris press
Chronica
Adnkronos
ilfattoonline
Redazione Italia
Giornale dello Spettacolo
ed anche:
E Polis del 25 maggio; Roma c'è del 26 maggio; Messaggero del 26 maggio; Leggo del 26 maggio; Corriere della sera del 27 maggio; City del 27 maggio; la Repubblica TrovaRoma del 27 maggio

giovedì 13 maggio 2010

ci siamo quasi....

Giovedì 27 maggio ore 19,00 presso il Teatro Biblioteca Quarticciolo
presentiamo lo studio finale del Workshop ‘Immagini da Viaggio’ curato da Massimo Talone

Il mondo è un libro, e chi non viaggia legge solo una pagina.
Sant’Agostino

Un laboratorio sul viaggio, sulle immagini che un viaggio ci porta agli occhi, sulle relazioni che si possono intrecciare in un viaggio anche breve, anche ripetuto tutti i giorni per andare a scuola, al lavoro ...

Il nostro è stato un viaggio nel ‘tempo e nello spazio’.
Nel tempo perché abbiamo incontrato persone che negli anni si sono servite del tram n° 14, lo hanno guidato, lo hanno preso tutte le mattine, e queste ci hanno raccontato la loro esperienza
‘il loro viaggio’.
Nello spazio perché abbiamo percorso più volte il tragitto che compie da Viale Palmiro Togliatti alla Stazione Termini, uno spazio che rende così diversa questa città che sembra di passare da una città all’altra.
Abbiamo scattato foto (molte), girato video (brevi ma tanti), incontrato e intervistato persone (tante e diverse per età, storia e cultura), chiacchierato tra noi (molto), scambiato informazioni (tante) e quindi quello che vi mostriamo giovedì 27 è una piccola sintesi di questo periodo passato a ‘nutrire gli occhi’ di cosa c’è dentro e fuori della LINEA 14.

a conclusione dello studio aperto un piccolo aperitivo, per salutare tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di questa esperienza

mercoledì 12 maggio 2010

Uno scambio d'arme (letterario) fra gentiluomini, di Massimiliano Malerba

L’autore quarto classificato al XV Trofeo RiLL racconta dal suo punto di vista la serata di letture condivise Parole da Viaggio, andata in scena venerdì 23 aprile 2010 al Teatro Quarticciolo di Roma. Massimiliano Malerba è stato sia adattatore e lettore (del racconto “Accadde fra le umide foreste di Madre Africa”, vincitore del XV Trofeo RiLL) che anche autore letto (il RiLLino Alberto Panicucci ha letto infatti il suo “Le stelle d’inverno”).

Quando Alberto Panicucci mi ha spedito la lista dei racconti RiLLici dalla quale selezionare il mio preferito, non ho avuto dubbi: le umide foreste di madre Africa mi avevano immediatamente affascinato.
Ero anche, devo dire, molto ammaliato dall’idea cavalleresca di difendere, proponendolo come fosse il mio, il racconto di un antagonista letterario: questa proposta mi è piaciuta subito, offrendomi lo spunto per diventare il lettore del racconto vincitore del XV Trofeo RILL, quasi fosse uno scambio d’arme tra gentiluomini (non v’è nulla da fare: il duello cortese rinascimentale è materia che mi attrae).

Bene. Il difficile doveva venire.
In primis, la forma teatrale. La lettura, si sa, è un fatto privato; l’evocazione emotiva che uno scritto ingenera nel lettore è una magia che si istaura di norma in via diretta, silenziosa, riservata, quasi pudica, tra il leggente e il libro. È un transfert, che il più delle volte non ammette estranei o terzi interlocutori. O per lo meno, lo fa con difficoltà. Arduo che un esperimento di lettura collettiva funzioni a dovere, perché quel rapporto diretto con il libro, la parola a dieci centimetri dal viso, l’odore di carta delle pagine, si perde.
Secondo, il taglio. Come ridurre un testo compiuto lungo dieci cartelle a poche righe, da leggersi nel giro di due minuti netti, senza violentarne l’essenza, senza conquistare l’ira dell’autore, conservandone le suggestioni letterarie?
Terzo, il ruolo. Diventare al contempo editor e lettore, presentare una storia nella storia, operare i tagli, trapiantare organi vitali di narrazione, discuterne con gli altri chirurghi (la regista, l’aiuto regista), affrontare i parenti (l’autore), far sopravvivere il paziente; ciò mi si chiedeva.

Mi incoraggio, quindi, e seleziono meglio che posso le frasi del racconto, cercando di mantenere una struttura che si auto sostenga: come dire, una trama. Niente di più sbagliato. All’arrivo in teatro, per discutere la selezione con l’aiuto regista, scopro che devo ricominciare da capo. Occorre fornire spunti, rielaborare, presentare lampi evocatori, non narrare. Di più: bisogna restare attinenti al tema, il viaggio. Via le grandi battaglie, i corpi che cozzano in fragorose mischie: meglio le liquide sponde del fiume africano, sinuose e lussureggianti di verzura, molto meglio le inquietudini notturne dei protagonisti che la luce della Luna tiene desti sul naviglio legnoso. Va bene. Leggo: due minuti e cinque. Niente male, ma posso fare di più (a casa, “facendo i cordoli” come Schumacher, scopro che posso scendere agevolmente sotto l’uno e cinquantacinque…).

Arriva il giorno.
Improvvisato lettore mi precipito al Teatro Quarticciolo con abbondante ritardo, trovo posto sul divano sotto i riflettori (e mi chiedo come fanno al Maurizio Costanzo Show a non sudare come lontre). Arriva il turno del “mio” racconto. Leggo, con grande emozione, la parte di testo che ho selezionato. E tutto, inspiegabilmente, funziona: la lettura collettiva genera una sensazione strana, bella, sincera, di essere parte di un tessuto connettivo, nel quale di quando in quando uno dei gangli sinaptici s’illumina, investendo gli altri, silenti ascoltatori con un’onda espansiva di emozioni; sempre diverse, sempre potenti, concentrate in pochissimi secondi, come impulsi sonar. Sembra di essere sospesi in un luogo senza tempo, in un buio illuminato da torce letterarie, dove voci che si accendono in ordine sparso leggono frammenti di vite altrui alla luce di piccoli lumini a batteria.
Viene anche il turno del mio racconto, Le stelle d’inverno: Alberto legge. È alle mie spalle, ma la sua voce si diffonde in tutto lo spazio, nella sala. E sentirsi leggere è una sensazione straniante, e al contempo dolce.

Dopo lo spettacolo, Francesco Ruffino mi fa notare che sono uno dei pochi autori ancora viventi, tra quelli selezionati per l’evento. In effetti, a leggere la lista, c’è da aver paura: nomi come Calvino, Seneca, Omero, Baudelaire, Pasolini, Hesse. C’è anche il buon vecchio Dante. E poi, Malerba. Luigi? No. Massimiliano. E chi è?, diranno gli astanti. Mi torna in mente la surreale scena dell’esame di maturità nell’indimenticabile Ecce Bombo di Nanni Moretti (“Porto un poeta moderno, Alvaro Rissa”; “E chi è??”; “Salve, sono Alvaro Rissa, il poeta”).

Nella pausa, un ricco buffet allieta gli affanni dei lettori e dei letti; sorrido, addentando un biscotto: perché si sa che il convivio, altrimenti detto “mangiata”, nella sua forma più alta fin dai tempi antichi ha stimolato le facoltà umanistiche.

pubblicato su RiLL.it nel maggio 2010

Una voce lontana, una sera a Roma..., di Luca Barbieri

L’autore vincitore del XV Trofeo RiLL racconta dal suo punto di vista la serata di letture condivise Parole da Viaggio, andata in scena venerdì 23 aprile 2010 al Teatro Quarticciolo di Roma. Il suo racconto “Accadde fra le umide foreste di Madre Africa” è stato adattato e letto da Massimiliano Malerba, altro autore premiato nel XV Trofeo RiLL.

La tecnologia, banale ma vero, ti permette anche di essere dove, fisicamente, non sei.
Un tempo nemmeno troppo lontano, per poter vivere soltanto un frammento dell’emozione di ascoltar leggere un proprio brano in un teatro dove non si poteva essere personalmente presenti, si doveva inviare un messo, istruirlo su cosa avrebbe dovuto ascoltare e come avrebbe dovuto farlo e, al suo ritorno, farsi raccontare le sensazioni vissute: emozioni di quarta mano, dunque, roba di poco valore. L’alternativa poteva essere quella di comprarsi un pappagallo, farlo arrivare in teatro ben chiuso dentro una voliera d’acciaio, costringerlo ad ascoltare le letture, farselo riportare indietro da un amico compiacente e sperare che l’animale ripetesse, in modo meccanico e con voce chiocciante, quello che aveva sentito: beh, in questo caso ammetto che lambiamo il limite del surreale.

Io, figlio del nuovo millennio, grazie a internet, mi sono limitato a sedermi su una comoda poltroncina dallo schienale morbidamente imbottito, ad indossare un paio di cuffie e a cliccare sul link del sito di Fusoradio. E, in questo modo, ho ascoltato quel che Massimiliano Malerba aveva da dirmi.

Rapide impressioni di viaggio, schegge di sensazioni vissute da un ragazzo in cerca di esotiche avventure, paesaggi ammirati dal bordo di una chiatta in viaggio lungo un limaccioso fiume africano, assurde storie di feroci pirati, di città abbandonate e di mari velenosi.
Questo aveva da dirmi Massimiliano; in parte cose sorprendentemente familiari. In parte, e non totalmente familiari, perché il sentirsi leggere è una sensazione straniante, che inganna i sensi, e nel farlo ti viene naturale chiederti chi abbia scritto quelle parole che si annodano tra loro in eleganti intrecci musicali, e perché lo abbia fatto, e cosa in realtà abbia voluto dire l’autore. Poi scopri (ricordi?, NdP) di essere stato tu a scriverle, e, incredulo, ti domandi come sia possibile che le tue parole abbiano un suono talmente bello e coinvolgente se lette da una voce altrui, un suono molto diverso da quello che avevano avuto rimbalzando all’interno del tuo piccolo cranio.

Dunque grazie per il regalo che mi è stato fatto, grazie ai ragazzi del RiLL e alla profonda voce romana di Massimiliano, grazie a Fusoradio e al Teatro Quarticciolo. E, infine, grazie a internet, perché di pappagalli da mandare a Roma proprio non ne avevo.

pubblicato su RiLL.it nel maggio 2010

lunedì 3 maggio 2010

mercoledì 28 aprile 2010

Uscii....

Uscii soltanto per una passeggiata e alla fine conclusi con lo star fuori fino al tramonto. Trovai che andar fuori era in realtà entrare.
John Muir

lunedì 26 aprile 2010

Registrazione serata 23 aprile 2010 a TBQ

per chi c'era e ha voglia di riascoltare
per chi non c'era ed è curioso
per chi fa lunghi tragitti in macchina, in tram, in treno
per chi viaggia
e pure per chi sta fermo!
QUI si può ascoltare la serata di lettura condivisa Parole da viaggio
ed anche scaricare le letture in formato mp3
grazie a tutti i partecipanti
e grazie a Fusoradio.net
buon ascolto

venerdì 23 aprile 2010

Parole da viaggio: l'appuntamento è per stasera alle ore 19.00. "istruzioni per l'uso"

Tutti possono partecipare liberamente in qualità di ascoltatori, entrando e uscendo dalla sala del Teatro Biblioteca Quarticciolo a piacimento.
I lettori invece sono SOLO quelli che hanno partecipato agli incontri preliminari, concordando il loro pezzo con la regista Barbara Della Polla, o con l'assistente Fiona Sansone. I lettori - se possibile - sono pregati di essere in teatro almeno mezz'ora prima dell'inizio della serata.
Portate tutti gli amici che volete, l'ingresso è libero.
Chi proprio non può essere lì ad ascoltare può seguire la serata in diretta sulla web radio www.fusoradio.net.
Tra qualche giorno da questo stesso sito sarà possibile scaricare la registrazione dell'evento in formato mp3.

Siccome stare insieme significa condividere l'ascolto, ma anche un viaggio nei sapori e nei gusti di ognuno, preghiamo i lettori e gli ascoltatori di collaborare all'organizzazione della serata con un po' di vettovaglie!
Solo cose - dolci e salate - che si possano mangiare SENZA utilizzare piatti e posate (solo tovaglioli di carta). Se proprio non avete tempo e voglia di cucinare potete portare un pezzo di pane e un pezzo di formaggio, tagliato a cubetti. Vietati popcorn e patatine!
Di tutta la parte delle bevande, bicchieri, tovaglioli, si è occupata la Biblioteca TBQ.
GRAZIE A TUTTI
la serata terminerà entro le ore 24.00

giovedì 22 aprile 2010

Parole da viaggio

mancano poche ore!
dopo tanti incontri preparatori; dopo aver lavorato alla costruzione di una corposa bibliografia sul tema del viaggio, siamo PRONTI!
venerdì 23 aprile dalle ore 19.00 comincia Parole da viaggio, serata di lettura condivisa.
gli oltre 40 lettori vi aspettano.

mercoledì 21 aprile 2010

quattro e quattr'otto parole sul progetto


se sei un lettore accanito, ma anche un lettore occasionale...
ma soprattutto se sei un lettore curioso...
consulta il sito booksweb.tv

lunedì 19 aprile 2010

lentamente muore chi non viaggia

sul muro dell'Istituto Tecnico per il Turismo "Livia Bottardi" di Roma

Fusoradio

la serata di lettura condivisa del 23 aprile 2010 PAROLE DA VIAGGIO si potrà anche ascoltare in diretta su Fusoradio.net

domenica 18 aprile 2010

fiori sul tram

borsa a fiori con fiori

libri














Nei viaggi solitari esiste una pienezza diversa di sé.

La possibilità di vivere in territori neutri, in mezzo a persone che abitualmente parlano una lingua diversa, il fatto di adattarsi ad un’architettura e a un paesaggio stranieri, producono uno spiazzamento delle nostre certezze e, se si è veramente onesti e sinceri, permettono di scoprire chi si è. In sostanza, tutti i viaggi che si fanno sono solo la figura di quell’altro viaggio all’interno di noi stessi che inizia nel momento in cui nasciamo e finisce quando Dio vorrà. Non c’è viaggio più avvincente di quello che ognuno può fare alla scoperta di sé.
E ci sono, naturalmente, molti modi per fare questo viaggio.
Pier Vittorio Tondelli, L’abbandono

mercoledì 14 aprile 2010

Svolgimento

Ieri la signora maestra ci ha portato a fare la consueta gita in autobus (linea S) per fare interessanti esperienze umane e capire meglio i nostri simili. Abbiamo socializzato con un signore molto buffo dal collo molto lungo che portava un cappello molto strano con una cordicella attorno. Questo signore non si è comportato in modo molto educato perché ha litigato con un altro signore che lo spingeva, ma poi ha avuto paura di prendersi un bel ceffone e è andato a sedersi su un posto libero. (...)
Due ore più tardi abbiamo incontrato lo stesso signore col collo lungo che parlava davanti a una stazione grandissima con un amico, il quale gli diceva delle cose a proposito del suo cappottino.
La signora maestra ci ha fatto osservare che questo episodio è stato molto istruttivo perché ci ha insegnato che nella vita accadono molte coincidenze curiose e che dobbiamo osservare con interesse le persone che incontriamo perché potremmo poi reincontrarle in altra occasione.
Raymond Queneau, Esercizi di stile

sabato 10 aprile 2010

prima corsa del 14

grazie a Marcello Piacentini del Centro Anziani 'Luigi Petroselli-Quarticciolo' e all'archivio fotografico del quotidiano L'Unità, recuperata una foto del 22 maggio 1958: prima corsa del tram n. 14 da via Lucera (ora viale Palmiro Togliatti)